S P A Z Z A T I V I A . I Miami Heat atterranno a LA Land inferociti a bestia, sfondano i cancelli dello Staples Center, lo radono al suolo e si riprendono di forza il maltolto, ovvero quel fattore campo guadagnato di diritto con una regular season monumentale (25-4) ma inspiegabilmente invertito in queste Finals dal “Baco della 2K”. Garauno delle NBA Finals 2012 ci lascia stritolati da un 83-110 che si commenta da solo. Un terrificante -27 che riporta tutta Los Angeles al famoso “Memorial Day Massacre”, ovvero la game 1 delle Finals 1985, quando i Boston Celtics di Larry Bird espugnarono il Great Western Forum di 34 punti.
Fin dal pregara si intuisce che la consistenza dell’aria è diversa tra le due squadre. Wade fa su e giù aggrappato all’anello, James saltella a molla dando high-five a tutti mentre i Lakers attendono la palla a due fermi in semicerchio. Si viaggia a energie completely different. Io poi faccio l’errore di scoprirmi: vado immediately di zona 2-3: James la castiga all'istante dove non dovrebbe, ovvero con una schiacciata debordante e fallo subito… Si vede subito che gli Heat vanno al doppio della velocità, riposati dal 4-0 secco sui Bulls, mentre noi siamo già sulle gambe, consumati dalla vecchiaia e dalla serie contro i Mavs. Ma nonostante l’avvio marchiato Miami (2-9 e 12-20) e nonostante la gara viaggi su binari diversi d’intensità, riusciamo comunque a a tenere, finendo anche per passare avanti su una tripla di Blake in apertura secondo quarto (25-24) dove rispolveriamo Derrick Caracter, dopo che per tutti i playoff “Baby Face” aveva lasciato il posto al più ruvido Theo Ratliff (che a sua volta non ha praticamente mai giocato in regular season). Caracter mette anche 6 punti insperati, ma Miami trova inaspettatamente ottime soluzioni dal 39enne ex Fab Five di Michigan State Juwan Howard, che si esalta anche alla vecchia maniera.
E’ Dwyane Wade, però, quello che si fa scivolare dentro la partita osmosizzandola alle sue molecole. “Flash”, anche se alla fine chiuderà con soli 14 punti, controlla mentalmente il match nel secondo periodo, dominando più di presenza che con punti effettivi. Fa paura. Riusciamo a rimanere aggrappati alla gara all’intervallo (42-49), ma nel terzo quarto è una carneficina: fa irruzione, infatti, LeBron James. Il 50-57 a metà terzo periodo è un miracolo di breve durata perché nel giro di 5’ Miami ci arrostisce con un break lanciafiamme di 21-7 che ci spedisce sotto per 57-78. Ventun punti in cinque minuti. La furia del Brone è debordante, noi non riusciamo a scalfire il loro scudo stellare e veniamo criogenizzati. Abbiamo un sussulto solo quando Gasol infilza da metacampo una preghiera sulla sirena per riportarci a -16 (64-80), ma è solo un'illusione di rimonta. James (17 punti dopo l’intervallo) chiude subito tutto a doppia mandata ad inizio quarto quarto e noi finiamo anche a -28 a 3’30” dalla fine quando in campo ormai ci sono solo le riserve.
Il Prescelto è l’Mvp di garauno (29 punti, 9 rimbalzi, 11/20 al tiro), Wade si limita a 14, Bosh a 13, ma la vera pompa di benzina di Miami arriva dalle retrovie: ci hanno devastato i 14 punti di Mario Chalmers, l’energia di Juwan Howard, i 14 punti di "Z" Ilgauskas e, soprattutto, i 9 punti piazzati nei momenti chiave di Udonis Haslem, che già fu decisivo per la vittoria del titolo 2006. Noi abbiamo Bryant a 28 e Gasol a 19, ma l'indice è puntato tutto su Andrew Bynum: 3 punti e 3 soli tiri presi. Il delitto perfetto sta qui? Non solo. Non si considera infatti l'implacabile difesa, sia d'anticipo, sia "di petto", che Udonis Haslem ha applicato su Bynum, che non riusciva nè a ricevere, nè a girarsi. E' proprio Haslem l'Mvp ombra di questa game 1.
Brutta scoppola, un po' come è capitato a me. Ora devi rispondere, subito e senza alcun tentennamento, altrimenti la serie rischia di prendere una brutta piega.
ReplyDeletePer risponderti al post precedente, posso dire che sto giocando "sporco": tanti palloni sotto (forse troppi), falli duri e nessun timore reverenziale. Così ho vinto gara 2 e gara 3. Ora mi aspetto una risposta pronta da parte di Miami, ma abbiamo dato un segnale importante: noi non abbiamo paura di lottare!