Thursday, August 28, 2014

N U M B E R S



Dopo le 24 ore che ci hanno messo sulla cartina geografica delle pretendenti all’anello, con il poderoso back to back a Miami e a Indiana, arriva puntuale la sconfitta da smoccolamenti in serie, la classica partita contro la squadra che non ha più nulla da chiedere al campionato e contro la quale non ci puoi far nulla perché gli entrano anche i colpi di tacco dagli spogliatoi: a Philadelphia riservano per giunta un trattamento speciale a Kobe Bryant, nativo ma non amato dalla città dell’Amore fraterno, ovvero 4 falli fischiati nelle prime 6 azioni della partita. Mai visto before. La sconfitta, come dicevo, è instoppabile, al di là dei falli del Mamba e finisce addirittura 122 a 103 per loro, in serata da divinazione e con il solito droide che non conosci e che te ne spara 35 così, con canestri insensati.
Ci riprendiamo pochi giorni dopo al Madison Square Garden dove passiamo 113-96 e Papanikolaou con 20 punti dalla panchina, suo high stagionale, “ricorda” ai Knicks che lo scelsero al Draft per poi scaricarlo ad un’altra squadra. La serie delle sette trasferte consecutive in due settimane ha la sua penultima tappa alla Time Warner Cable Arena di Charlotte, ex tempio di Alp e di Michael Kidd-Gilchrist che qui vinsero un anello clamoroso: contro i Bobcats di clamoroso c’è il primo quarto di Iman Shumpert che mitraglia la mostruosità di 19 punti nei primi sette minuti di gioco! Se avesse proseguito con questa media alla fine ne avrebbe segnati 108… E invece all’intervallo sono “solo” 25 e a fine partita 35. Lo cancella MKG, mentre Kobe si trascina i Lakers letteralmente sulle spalle e li guida alla rimonta fino alla vittoria siglandone 40.
Dopo la sconfitta contro i Sixers, altri due punti lasciati lì contro una squadra già fuori da tutto non sarebbero stati tollerati dal Mamba Nero.
A Boston contro i disastrati Celtics è una carneficina (72-104 per noi ovviamente), poi infiliamo altre due vittorie nelle successive tre partite, contro Minnie e  Sacramento, inframmezzate da una sconfitta di venti allo Staples Center, giusto per tenere alta l’attenzione.
Riassumendo, abbiamo affrontato otto trasferte nelle ultime dodici partite, vincendone nove. Siamo 15-7, terzi nella Western Conference, e visto che siamo partiti 0-3, significa che dall’arrivo di Thibodeau al posto di Shaw abbiamo un ruolino di 15 vittorie nelle ultime 19 partite. Non c’è male eh?


Friday, August 22, 2014

Qui monta qualcosa



“Non ce la faranno mai”. “Retrocederanno in Legadue”. “Ridimensionati e mazziati”. Erano questi i commenti del famigerato El Segundo Times di fronte alle quattro trasferte consecutive che avrebbero dovuto riportare sulla terra i barbalakers, a Miami, a Oklahoma City, a Houston e a Indiana, con le ultime due in back to back.
Le prime due sapete già come sono andate e le altre due lo scoprirete tra poco. Prima c’è da dire che i Rockets qui hanno un arsenale persino superiore all’indistruttibile OKC: sotto canestro svetta la coppia formata da Chris Bosh e Dwight Howard, oltre l’arco sparano James Harden e Chandler Parsons, con Jeremy Lin in regia, ma ci sono pure Aaron Brooks, Eric Gordon, Gordon Hayward, Mozgov e droidi che escono dalla panchina per una squadra dalla profondità incredibile. Li facciamo secchi. Harden prima della gara ha l’ardire di affermare di essere il giocatore più completo della Nba e il Mamba gli riserva un trattamento speciale di chi osa elevarsi al di sopra di lui: il “fake Barba”, solo 11 punti, viene cancellato dalla difesa di Kobe che lo esclude completamente dalla partita mentre Bryant in attacco è di una fluidità spaventosa, fa venire la partita a sé, rende tutto facile e ne mette 33 con 4 rimbalzi e 5 assist in una delle sue migliori partite dell’anno e dell’Asso.

Ma il giorno dopo siamo già sull’altare sacrificale. A neanche 24 ore dall’impresa a Houston siamo attesi alla Bankers Life Fieldhouse di Indianapolis dove due anni fa lasciammo il titolo negli ultimi cinque minuti delle Finals 2016. Ci attendono gli Indiana Pacers, anche loro reduci da una stagione no a causa della rottura dei legamenti a Roy Hibbert che lo tenne fuori per tutta l’annata 2016-17. Ma adesso Da Hibba è tornato, si è ricomposto l’assetto della squadra campione 2016 e finalista 2015 e non a caso dominano la Eastern Conference con solo 3 sconfitte all’attivo. Noi, sfiancati dalla gara in Texas della sera prima siamo già con il collo sotto alla ghigliottina. Succede l’inenarrabile. Tutta la Nba è sotto shock.
Dopo un primo tempo interlocutorio, esplodiamo nella ripresa, proprio quando avremmo dovuto crollare per la stanchezza, e sorprendiamo i Pacers, increduli, volando persino a +21 nel terzo quarto!!! Il tira chi è libero eseguito come lo stiamo facendo ora è uno spettacolo per gli occhi, scatena Iguodala che chiude con 28, 4/4 da tre e solo due errori al tiro, Bryant si dedica ad assist (7) e rimbalzi postando comunque 20 punti, ma è tutto il sistema barbalakers che impressiona, dall’orgoglio e faccia tosta di Nando De Colo, che sembra giocare con questa squadra da anni, agli aiuti di Michael Kidd-Gilchrist, dalla reattività di Bogut che l’anno scorso non saltava un foglio di Gazzetta alla durezza mentale di O.J.Mayo, un vero guerriero.
Vinciamo di sedici ed uscire da quattro trasferte simili con tre vittorie/quasi quattro (perché a OKC ce la siamo giocata fino agli ultimi secondi) e un dominio in back to back è ben più di un segnale. Sta montando qualcosa di importante.

Weeeeell Trigaaaaar! Io l’ano scorso avevo dati per morti barbalakers ouuuukey!?!?!? Io no credevo mai loro tenessero ancora Kidd-Gilchrist dopo disastri del 2017 ouuuukey!?!?! MI HANO SMENTITO GUIDO! QUESTI LAKERS QUI FANO PAURA A TUTI TRIGAAAAAAR!

Tuesday, August 19, 2014

S E N Z A E T A'




Rigenerazione cellulare, tessuti che si riparano da soli, ossigenazione del sangue. Ormai le tecniche per prevenire infortuni e massimizzare le prestazioni sono le più disparate e si sa che Kobe ogni estate il suo viaggetto in Germania se lo fa per ringiovanire le ginocchia.
Io, nei futuri 2K, lo clonerò! Non si può fare a meno di Kobe Bryant. Andiamo a Oklahoma City contro la distruggitrice del campionato, 13-3 il record attuale, nonché vicecampioni Nba in carica e tre volte finalisti in quattro anni in questa Asso, con un titolo vinto nel 2015. Se c’è una squadra che ha impresso il suo marchio su questo Secondo Mondo sono i Thunder. E Kevin Durant ha raggiunto la piena maturità devastatrice: ne ha già messi 47 recentemente e la partita seguente ha scritto 35 e 12 rimbalzi. E’ il distruttore e autentico padrone della Lega, certo Mvp stagionale e campione Nba designato. Andiamo nella loro tana per la missione disperata, e a momenti ci scappa il colpaccio.
La fretta di andare a pareggiare a 34” dalla fine fa urtare Kobe contro un avversario, la palla gli scivola via dalle mani, la recupera Lamb e i falli sistematici fanno il resto, una sconfitta 121-117 in una partita clamorosa. Il Mamba, fluido come l’acqua, ne mette 40. Durant, che viaggia pure a 2.8 stoppate a partita, ne recapita 28 con 11 rimbalzi e 8 assist. La sconfitta brucia, ce l’avevamo in mano, ma la partita ci fa capire che sì, siamo da titolo!
Non fa testo la trasferta di due partite prima a Dallas, dove vinciamo di 36 punti con l’ex Majo che ne mette 32 dalla panchina. Se non gli danno il Sixt Man of the Year monto un casino.

Friday, August 15, 2014

M A Y O N E S E




Pensavo impazzisse lo spogliatoio. Vedevo già mascelle frantumarsi, sedie volare, uno contro uno forsennati senza mai passare la palla ai compagni. O.J. Mayo a barbalandia era un azzardo, sia per il ruolo di panchinaro che poteva svalvolargli la morale nel giro di dieci minuti, sia per l’incostanza mostrata a chi l’aveva allenato in precedenza.
Nessuno poteva immaginare che il tira chi è libero generasse un’autentica macchina da guerra, non tanto nei punti, 12.9, ma nel cecchinaggio: primo in Nba nei liberi (23/23), secondo nei tiri da tre (51,5%) e nono in quelli totali (50,7%). Il tira chi è libero ha trasformato Mayo in una specie di Ray Allen. Ma con in più una clamorosa difesa e un'energia che trascina. Oltre a Thibodeau, Mayonese è il boost che spinge i Lakers di nuovo dentro ai playoff con l’attuale record di 5-4 dopo che l’inizio stagione da 0-3 aveva fatto saltare Brian Shaw. Sfruttiamo anche una serie di quattro partite consecutive allo Staples Center. I primi a lasciarci le penne sono i campioni in carica di Miami, bruciati 107-104 da un’entrata di Deron Williams nel finale, dai 13 punti di un orgogliosissimo De Colo dalla panchina e dalla difesa di Michael Kidd-Gilchrist su James. Eccoli qui gli altri due boost from the bench: Nando De Colo, già segnalato dal Barba anni e anni fa quando ancora era un ragazzino che giocava in Francia e la sua presenza nei 2K mondi non era neanche lontanamente immaginabile e MKG, da bestemmiargli contro last year al primo anno nel sistema zen a pedina tuttofare insostituibile adesso.
Dopo Miami distruggiamo Memphis 100-75 con 13 punti e ben 12 rimbalzi di Iguodala, il giocatore che più ha beneficiato dall’arrivo di Thibodeau, poi buttiamo la sfida contro i Phoenix Suns pieni di droidi da non saper come affrontare, una partita che avevamo tranquillamente in pugno e dove ci siamo fatti infinocchiare nel finale con qualche leggerezza da specchio specchio delle mie brame. Ci rimettiamo in sella contro Portland, vincendola 106-96 grazie a 31 punti e alle azioni decisive di un Kobe Bryant in versione vecchi tempi, compresa anche una clamorosa schiacciata da ernia del disco. Arrivato al suo trentanovesimo anno di età il Mamba è calato di 7 unità nella sua media punti, dai 28 dell’anno scorso, ancora miglior cannoniere della Nba, ai 21,3 attuali, però quando si sente quei momenti lì, il vecchio Kobe è ancora lui!

Sunday, August 10, 2014

IL NUOVO CORSO



Da tre sconfitte nelle prime tre partite ad un +31 contro i Detroit Pistons di Carmelo Anthony, Caldwell-Pope, Drummond e Greg Monroe. La prima partita dei barbalakers con l’innesto della difesa di Thibodeau al posto di Brian Shaw è una di quelle gare che si vedono solo nelle stagioni dell’anello. Lo dice sempre il Coach Zen: per vincere, devi prima dominare. Nei barbaanni che sono culminati con il Larry O’Brien Trophy, anche quando viene vinto all’ultimo secondo di garasette con un tiro da dietro la schiena da metacampo, si sono sempre viste almeno 3-4 partite vinte di trenta punti o giù di lì: l’ultima volta, appunto, accadde nella stagione 2015-16 della prima Asso e tutti sanno che in quel giugno 2016 del Primo Mondo, con Brian Shaw in panchina al primo anno nei Lakers, i vari Bo McCallebb, Bryant, Paul George, Mark Gasol & Co. alzarono il trofeo al cielo contro i Miami. Nelle cinque stagioni successive, ovvero l’ultima della Prima Asso (esonero del Barba) e le quattro di questa Seconda Asso, non è mai più accaduto di vincere con uno scarto simile. Fino ad ora.
Dare un 126-95 a questi Pistons provenendo da uno 0-3 e con Kobe che ne segna solo 12, seppur con 7 assist, è una prova di quelle maiuscole, anche se un fagiolo non fa Trinità. Gara in equilibrio nei primi due quarti e poi dopo l’intervallo abbiamo semplicemente tirato giù la serranda e ce ne siamo andati via, sospinti da un sontuoso Deron Williams, 24 punti, 10/14 dal campo, 4 recuperi, 8 assist, e da un Iguodala che si è esaltato nel finalizzare i contropiedi (22 punti, 9/12). Anche De Colo con 13 punti, 9 assist e 3 recuperi ci ha messo parecchio del suo. Difesa più contropiede e, a difesa schierata, il tira chi è libero. Così daremo l’assalto alle Finals! Anche se siamo ancora 1-3 e stagniamo a fondo classifica.