Saturday, December 28, 2013

First Round, game 1-4: Los Angeles Lakers - Utah Jazz


Il messaggio viene mandato in garatre, la prima della serie a Salt Lake City. I Lakers stanno già 2-0 dopo il 102-93 di game one e il 106-93 della seconda, due gare controllate di supremazia territoriale. Nell’opening game della serie si era sfiorato anche un record dei playoff, quello di bombe segnate da un giocatore. Appartiene ancora Rex Chapman, che con Phoenix ne segnò 9 in una partita del 1997, ma è andato vicino a perderlo.
Del record di Chapman durante la partita non si ricordava un razzo nessuno, ma delle 12 triple segnate da Kobe nel 2003 in una gara di regular season contro i Seattle Supersonics sì, ed è a quelle che tutti pensano quando Nick Young a metà terzo quarto ha già nella fondina un clamoroso 7/7 behind the arc. Perché di tempo, per farne 12, ce ne sarebbe. Il tira chi è libero in questa partita lo ha illuminato come John Belushi quando vede la luce, si fa trovare sempre wide-open, e il fatto che da ala piccola aveva come marcatore Gordon Hayward, che non riusciva a stargli dietro nei barbatagli, lo ha certamente avvantaggiato.
Ma poi quel 7/7 è stato seguito da qualche forzatura di troppo (o forse Kobe gli ha detto qualcosina…), si è trasformato in un comunque ragguardevole 8/12 (per 32 punti totali), ma non sufficiente a riscrivere i libri di storia, anche se resta una delle più grandi prestazioni individuali da tre punti nella storia dei playoff Nba. Gare di Bisy escluse, naturalmente.
Dicevamo di garatre, comunque. Qui dominiamo brutalmente, fino a raggiungere persino un clamoroso +38 con Bryant ad istigare i compagni a sfondare quota +40. Spediamo il messaggio ai Jazz, ma anche ai prossimi avversari: non vi lasceremo neanche un centilletro cubico d’aria. Finisce 80-110, Dalembert tira giù 13 rimbalzi contro Favors in meno di venti minuti e Bryant, 35 punti con una fluidità da ventenne, smette di bastonare i Jazz soltanto alla sirena finale, nonostante la partita si fosse chiusa già da un pezzo; hanno dovuto portarlo via, perché altrimenti sarebbe andato avanti a brutalizzarli con atti di bullismo anche negli spogliatoi segnando in fader nei loro cestini con palline di carta. Il “3-0 to 3-4” contro Portland negli scorsi playoff è una ferita ancora aperta per il Mamba. Lui quest’anno deve vincere. E non farà sconti a nessuno.


Garaquattro chiude la serie. Replichiamo sostanzialmente la terza partita, all’Energy Solution Arena finisce 82-107, George Mvp (28 punti, 7 rimbalzi), Derrick Favors annientato difensivamente da M.Gasol che, iniziati i playoff, si fa sentire. In un soliloquio gialloviola degni di nota due episodi: un rocambolesco buzzer beater di Bryant sulla sirena del primo tempo (tiro da sette metri, fallo non fischiato, Mamba che rotola a terra mentre la palla sbatte contro il tabellone e va dentro) con annesso impazzimento urlato mai sentito prima dei due telecronisti alla Dick Vitale (“BUZZEEER BEATEEEER! OOOH! OOOH! OH! OH! OH! OH! OH!” https://www.youtube.com/watch?v=br3AaISFc-A) e Daniel Hackett che difende come un forsennato su Trey Burke sul 3-0 e +28 Lakers a 50” dalla fine. Questo è lo spirito!
Alle Western Conference Semifinals ci sarà la classicissima contro i San Antonio Spurs, ma gli Speroni sono di nuovo nell'incubo. Kawhi Leonard si è appena rotto il crociato per la seconda volta in tre anni, altri 8-10 mesi fuori. Leonard perse tutta la stagione 2014-15, la seconda dell’Asso, per lo stesso infortunio.

Friday, December 27, 2013

Ci siamo


Abbiamo quasi due settimane di pausa, c’è tempo per preparare con cura la trasferta a Salt Lake City, insidiosissima. Mando Sacre a comprare un paio di mambut per la neve, lui capisce mom butt e mi porta le foto di un culo. In questi quattordici giorni dove noi siamo senza partite Miami ha il tour de force. Senza che muoviamo un dito, ci arriva la notizia: ne perdono tre, chiudono con sette sconfitte e noi, che ne abbiamo quattro a due dalla fine, siamo primi matematici!
Dan, faccio al mio vice, pensaci tu alle ultime due (a Utah e allo Staples con Phoenix). Da buon D’Antoni, le perde entrambe, ma anche perchè negli ultimi allenamenti è successo un po' di tutto: febbre a Chris Andersen, stiramentino a McCallebb, guaio muscolare ad un altro. Tutti risolvibili day by day ma comunque rallentano. La striscia dunque si ferma a sedici vittorie di fila e chiudiamo a 23-6, 79,3%. Poco male, la percentuale del 72-10 dei Chicago Bulls 1995-96 (87,8%) non l’avremmo superata nemmeno col 25-4 (82,6%) e non era comunque un obiettivo. Io ho in testa solo una cosa: è triangolare.
Mentre sono beatamente sdraiato sul divano a guardarmi una vecchia pellicola del 1980, La locanda dell’allegra mutanda, squilla il telefono. Dalle mie gambe emerge la testa di una pompin girl che risponde: gggc..mgmg..chgghi..gggbbbb..è? Mi passa la cornetta. E’ Sterno, mi comunica che ho vinto il titolo di allenatore dell’anno. E’ la quinta volta che me lo danno in trentotto stagioni e per la quinta volta manderò a ritirarlo il sosia di Kermit la rana, in piena polemica. Ma vi rendete conto che Mike Brown, Mike D’Antoni e Sam Mitchell hanno vinto gli stessi titoli di Coach of the Year di Phil Jackson (uno)?? Ma robe da disintegrati mentali.
Per un po’ culliamo l’idea che Kobe, o anche Paul George, potesse vincere l’Mvp stagionale, ma alla fine se ne reimpossessa LeBron James (l’anno scorso fu di Durant) alla media di 28,0 punti, 8,5 rimbalzi, 5,9 assist e il 54% al tiro col 40% da tre. Mostro illegale. Con chi siamo capitati al primo turno, Coach? Mi fa Sacre mentre prende un’ordinazione. Contro Utah, Bob, quei mambut mi serviranno. Mentre lui va a prendere la macchina fotografica, vedo dai finestroni del mio ufficio in alto che qualcuno in campo si sta allenando da solo. 


Lui, 25 ppg quest'anno, accusato numero uno del 3-0 to 3-4 contro Portland negli scorsi playoff, non vuole lasciare niente di intentato. Ora si fa veramente sul serio.

Thursday, December 26, 2013

I M P R E S S I O N A N T I



E se lo scrive anche l’El Segundo Times, seppur in un trafiletto di tre righe in ultima pagina tra la pubblicità del Vix Vaporub e l’elenco dei programmi televisivi, significa che stiamo combinando qualcosa di enorme. A parte che è già un personale barbarecord, perché mai nessuna barbasquadra nelle precedenti trentasette stagioni, nemmeno i Lakers dei cinque titoli consecutivi sfumati nel 9 per la rivolta delle macchine ribelli, avevano mai inanellato una striscia del genere. Ma non è tanto la striscia in sè, comunque arrivata a sedici consecutive gente, ma il fatto che l’ultimo sigillo l’abbiamo affisso allo United Center di Chicago contro una squadra che fin lì ne aveva perse soltanto due in più di noi. Due.
Tutti ci aspettavano al varco. Ecco che la striscia finisce! Quando ad un certo punto del secondo tempo, improvvisamente, abbiamo prodotto un 24-5 di parziale, tutti i 20.500 presenti in tribuna sono rimasti immobili a bocca aperta. Un quasi trentottenne con la canotta numero Ventiquattro ha fatto quello che faceva il Ventitrè dentro al Suo tempio, dove aleggiano ancora le Sue particelle. Nel 99-108 finale c’è un dominio mentale di Bryant che ha eguali solo in Colui con la lingua di fuori.
Come il Mamba ha fatto questi trenta punti a Chicago è un qualcosa che difficilmente si dimentica. Viene giù in palleggio con la tranquillità di chi sa già, come Jordan contro Russell. Segna sempre nel momento in cui serve segnare, tiri fluidi in sospensione, sai già dove vanno a finire, a volte anche subendo fallo e realizzando quasi da tre. E’ la trentacinquesima stagione che alleno il Ventiquattro, ma una mind game del genere entra sicuramente nelle sue top five di sempre. Trenta punti, 9/13 da due, 2/3 da tre, 6/6 in lunetta, numeri normali per lui, ma è il come li ha fatti che ha impressionato. Derrick Rose, devastante, ha risposto con 40 tondi tondi, ma di ben altra portata. Siamo a 23-4 gente, in un clamoroso duello a distanza all’ultimo minuto dell’ultima partita contro i Miami Heat, anche loro con sole 4 sconfitte all’attivo, seppur le vittorie siano 19. A noi mancano due sole partite alla fine, mai avevamo perso meno di sette gare in un anno nelle precedenti trentasette stagioni. Anche se perdessimo una delle ultime due, chiuderemmo comunque con un 23-6. Sarebbe già un barbarecord assoluto. 
Interpellato, il Coach Zen è stato lapidario: “Riparliamone in seguito. Se non vinciamo l’anello, questo record non conterà un cazzo:”

Tuesday, December 24, 2013

Gliela passo o non gliela passo?

Diciassette secondi alla fine, Lakers sotto 110-112, la tensione cola sui muri, il primo posto sta per andarsene a donne di facili costumi, Hackett riceve palla in angolo, braccato, attacca, con la coda dell’occhio vede George wide open, lo pesca con un ribaltamento sul lato debole, George si alza behind the aaaaaaaarc...


113-112!!!! Il direttore dell’El Segundo Times è tentato dallo scappare in Messico, ma rimane incollato al video fino all’ultimo sperando ancora in una vittoria dei Pacers che relegherebbe la bomba di George in secondo piano. Perché i Lakers sono avanti di uno, sì, ma mancano ancora una quindicina di secondi e i Pacers attaccano. E anche quando Zach Randolph sbaglia contro Marion l’appoggio al tabellone per il sorpasso, poi c’è da fare i conti con l’immediato fallo sistematico che manda Matrix in lunetta a 5” dalla fine. E lui ai liberi ha percentuali disastrose, per un rilascio tutt’ora da decifrare. Tira il primo, una donna urla…lo mette! 114-112. Tira il secondo, silenzio totale... mette anche il secondo!!!!! 115-112, Indiana senza più time-out, Louis Williams lancia il giavellotto da metacampo sulla sirenaaaa…non va!!! Quindicesima vittoria consecutiva dei Lakers (21-4 il record totale!) e anche l'ultima teoria bislacca dell’El Segundo Times, quella che Paul George (24 punti, 9 rimbalzi) non fosse in grado di segnare triple decisive, se ne va a igieniste dentali. Qui la mette, nella partita giusta, contro la squadra che due anni fa decise di non confermarlo e che ora ristagna nei bassifondi della classifica.
Ma questa era quasi persa eh. Eravamo sotto 103-112 a 2’50” dalla fine e se non fosse stato per un Bryant d’antan (35) non ci sarebbe stato nulla da fare. Certo, il Barba ci ha messo anche del suo. Appena visto che con M.Gasol (2 punti, 5 rimbalzi) la squadra stava andando sotto, ha rimesso dentro non solo Dalembert, ma anche Marion, rischiando addirittura con Hackett, perché serviva più la sua difesa che i punti di McCalebb. Risultato? 12-0 di parziale e striscia ancora aperta...

Monday, December 23, 2013

Telespalla Hack


E’ arrivato nell’estate del 2014 all’alba dell’eliminazione al primo turno dei playoff contro i Thunder. Tutti si aspettavano l’immediato colpo da novanta del Barba in quella free agency, cosa che poi effettivamente avvenne qualche giorno dopo con la firma di Paul George, ma il primo acquisto dei nuovi Lakers in costruzione fu un pupillo del Coach Zen, Daniel Hackett. Immediatamente dopo di lui la nidiata europea in gialloviola si popolò anche di McCallebb e Papanikolaou.
Ma una volta arrivato ai Lakers il Barba ha dato ad Hackett il solito trattamento che riserva ai suoi pupilli, confinandolo al dodicesimo posto della panchina. E’ sempre accaduto così: quando più di trenta stagioni fa il Coach Zen fece arrivare ai Lakers lo sconosciuto diciottenne Batum, il francese fu messo dietro nelle rotazioni persino a Luke Walton. Accadde anche con Papanikolaou, che non entrò quasi mai nella prima stagione a LA, quella degli indimeticabili playoff con tre garesette su quattro turni, Finals comprese. Il Barba è più duro con i suoi pupilli. E così è stato anche per Daniboy, riserva della riserva Farmar, pochissimi scampoli di gara nella stagione scorsa, giusto qualche minuto a partita.
Eppure, in sede d’acquisto, il Coach Zen guardava avanti. Vedrete che diventerà il primo cambio di McCalleb fu la barbasentenza su DH23 due estati fa. Oggi Hackett si gode la sua prima gara dove è stato nominato Mvp: 20 punti, 6 assist e 4 recuperi nella vittoria 82-110 a Orlando, il tredicesimo successo consecutivo per questi Lakers che la gara prima avevano espugnato Boston 96-112 con un doppio trentello della coppia Bryant (30) – George (32).
Hackett viaggia a cifre che sembrerebbero da taglio immediato, 5,1 punti a partita col 20% da tre. Ma le statistiche in questo caso non spiegano niente. Vero che segna due triple su dieci, ma fa 0/8 quando non conta un cazzo e 2/2 quando invece la gara si decide e tutti, tranne Kobe, si cagano in mano. E poi c’è la sua clamorosa difesa sui play avversari, un corpo contro corpo che non va nelle statistiche, li aggredisce con irruenza senza farli respirare. Ha capito che solo così può scalare le gerarchie. E Farmar, inamovibile riserva prima di Nash e poi di McCalleb viste le due ottime prime stagioni ai Lakers, ora comincia a vedere sulle sue spalle l’ombra incombente dei capelli di ‘Telespalla Hack’. Sì ma da chi cazzo mi fate intervistare però...