Saturday, December 29, 2012

I fuochi artificiali di Kobe: 110 punti in due partite!

Il tira chi è libero è semplice. Tira chi è libero. Se uno si fa trovare wide-open per quindici volte nel primo quarto, tira quindici volte. Se questo “uno” è Kobe Bryant viene fuori La Prestazione. Ce n’è almeno una in ogni Universo, uno ‘sfogo da pagare’ alla macchina di canestri più devastante degli ultimi quarant’anni. Quando al dodicesimo minuto del derby con i Clippers, in casa loro, il Mamba-bottino è già di 28 punti si capisce subito come va a finire. Se fa gli altri tre quarti alla Kobe normale, va per i cinquanta-sessanta. Se li fa come il primo quarto, batte Chamberlain. Li ha fatti ‘più o meno normale’, in media quaranta (dieci a quarto). Alla fine, quindi, sono stati 64, con percentuali unreal (20/26 da due, 6/12 da tre), comprese due triple assurde sulla sirena dei 24 secondi con l’avversario incollato addosso. Sessantaquattro punti con soli sei liberi tirati (tutti a segno). Ma ciò che più è importante è la vittoria sui Clippers in una partita per niente a senso unico. A pochi minuti dalla fine eravamo solo a +2 (95-97) e sono state due triple di Metta e un tiro in sospensione di Nash, tutti da liberi e scaturiti dai raddoppi su Kobe, a darci i due punti (101-115). Pesa ancora, però, la gara precedente, una sconfitta pesantissima contro i Golden State Warriors che ci aveva fatto uscire dalla prime otto. Loro, inoltre, sono una squadra con cui potremmo finire pari per l’ottavo posto a Ovest. Perdendo in casa nostra, 104-108, lo scontro diretto è finito a loro. Non fatevi ingannare dal risicato -4, a undici minuti dalla fine eravamo a -23… Ci hanno cancellato, in lungo e in largo. Un paradisiaco Kobe (46 punti, 6 rimbalzi, 6 assist) era stato poi in grado di riportarci fino ad un incredibile -2 a 50” dalla fine, poi David Lee dal nulla ci ha steso in ginocchio con due rimbalzi offensivi convertiti in canestri.
Già, Kobe ha smitragliato 110 punti nelle ultime due partite. E’ in modalità guerra nucleare.

Effetto Lo Hobbit


L’El Segundo Times spara a zero su Papanikolaou pubblicando le sue cifre impietose in prima pagina – 3,4 punti, 2,0 rimbalzi, 1,2 assist, 32,7% dal campo col 20% da tre – scrivendo sotto a caratteri cubitali “e questo sarebbe il Kukoc greco?”. L’El Segundo Times, taglia corto il Coach Zen, guardando un uovo si domanderebbe: e questo sarebbe un cigno? C’è invece una partita impegnativa a bestia da giocare allo Staples contro i giovani Cavaliers di Kyrie Irving. E’ un match-trappola, apparentemente non di cartello, ma nelle nostre condizioni di squadra con 7 vinte e 7 perse che sta per entrare nella parte più difficile del suo calendario una sconfitta contro i Cavs sarebbe pesantissima. Ci dominano. La scena e tutta loro nel primo tempo, fino a che nel terzo quarto non andiamo di ‘prostituscione intellettuale’ schierando zone (3-2 e 1-3-1) fino alla fine. Zone ferocissime, dove riusciamo a chiudere su ogni ribaltamento di lato. In attacco, oltre ad Howard Mvp statistico (18 punti, 8/10, 10 rimbalzi), è Barea che si prende la squadra in mano tirandoci fuori di peso dalle sabbie mobili. Il play portoricano finisce con 18 punti (seppur con 17 tiri) in una giornata dove Kobe è un po’ offuscato (19 con 8/17), anche se è sempre il Mamba nel finale, dopo il tiro del pareggio sbagliato da Cleveland, che indovina l’entrata, con fallo e libero aggiuntivo consegnandoci la quinta vittoria nelle ultime sei partite (101-97). E’ questo il ruolino di marcia dall’arrivo di Barea e dall’introduzione del ’23 Bulls slash post'. E anche Nash (oggi 14 punti e 7 assst) sta beneficiando dell'arrivo di Lo Hobbit: il canadese, giocando qualche minuto in meno rispetto ai tempi di quando c'era Blake, è più fresco.

Thursday, December 27, 2012

Abbuffata di Natale

Una prestazione clamorosa di James Harden. Clamorosa. Ci ha rovesciato addosso 44 punti, con 8 palle recuperate e 5 assist, dominando letteralmente la scena come raramente ho visto fare. Pazzesco. “Il Barba” che devasta il Barba. Houston domina, per larghissimi tratti. Lo Staples Center è terra di conquista texana, perlomeno fino all’ultima parte del terzo quarto quando Steve Nash, forse percependo l’aria di derby dai tempi di Phoenix,  si prende letteralmente i Lakers in mano rimettendoli in partita. Il terzo studente nella storia di Harvard ad aver giocato nella Nba (il primo dal 1954), al secolo Jeremy Lin, che in piena ‘Linsanity’ veniva definito l’erede del canadese, non ci sta. Mentre il Barba ci fa terra bruciata crivellandoci da ogni posizione, il cinese ci spezza in due la difesa con penetrazioni e rilasci a palombella contro il tabellone e l’ultimo periodo si trasforma in un sorpasso e controsorpasso ad ogni azione. Kobe ci porta in vantaggio con una sospensione dalla lunetta ferro-tabella-ferro-dentro a 10” dalla fine, ma Lin è lesto a sfruttare un miss match, a buttarsi dentro e a prendersi il fallo rapidissimo in entrata di Howard che sbaglia i tempi della stoppata. Con un 2/2 si va al pareggio, ma il cinese sbaglia il secondo libero e l’azione dopo manda anche sul ferro la tripla contro Barea sulla sirena per l’overtime. Trenta punti del Mamba, 18 di Metta, vinciamo in volata la terza in fila e acciuffiamo l’ottavo posto a Ovest (6-6)! 
La quarta consecutiva la serviamo nella gelida Minneapolis. I Wolves sono privi di Rubio per tutta la stagione e hanno gli ex Blake e Hill in formazione; vengono superati 96-106, il ’23 Bulls slash post” ci fa tirare col 60% wide open e Bryant fa il primo 40 stagionale con un implacabile 18/24 dal campo. 
Poteva continuare la striscia? No. Nelle Rocky Mountains, ad un miglio d’altitudine, abbiamo il fiato corto. Denver ci distrugge sul piano della freschezza e dell’atletismo, ben più di quanto dica il punteggio finale di 114-106. Ci tengono costantemente sotto 18-15 punti con un Iguodala incontrollabile in versione LeBron (37 punti, 7 rimbalzi, 6 assist, 4 recuperi, 7/12 dal campo per l’ex Sixers) e Javalone McGee che sceglie noi per fare una gara alla Wilt Chamberlain. Ci devastano anche il Gallo e Ty Lawson, rendendo così vana la prima partita (anche del Primo Mondo) over 20 di uno Steve Nash in versione Phoenix che scodella la bellezza di 29 punti, 9 assist e 11/14 dal campo con tiri mortiferi in sospensione.



Ora siamo a 7 vinte e 7 perse, ottavi nella Western Conference, agli estremi confini dei playoff dove non si è sicuri di nulla. Dall’arrivo di Barea e dall’introduzione del triangolo ‘23 Bulls slash post’ il sensibile miglioramento c’è stato, ma se è vero che le quattro vittorie consecutive (Toronto, @San Antonio, Houston e @Minnesota) ci hanno rimesso in pista, l’imbarcata di Denver è lì a dirci che questa squadra è ancora lontana dal defirsi da titolo.

Monday, December 24, 2012

A Christmas Carol


La 2K-ESPN ha programmato come sfida sotto l’albero San Antonio – Lakers, neanche poteva ipotizzare che i lacustri, ad un terzo di stagione, si trovassero nei fondali dell’Ovest. Gli Spurs, invece, secondi nella Conference, sì. I texani di Popovich non sono i Raptors che abbiamo facilmente superato nella gara precedente, e infatti qui crollano tutte le certezze, naufragano gli automatismi, si liquefa la retroguardia. Già, non sono i Raptors, perché fanno peggio. E le certezze, gli automatismi e la difesa di cui parlavo, non riguardano noi…
Clamoroso al Cibali, con una delle più grandi prestazioni gialloviola mai viste ci portiamo a casa la gara dell’AT&T Center per 92-111, con il divario che ha toccato anche un inimmaginabile +24  nel terzo quarto. Nei giorni scorsi , dopo l’introduzione del ‘23 Bulls slash post’ tratto dal Triple Post Offense, ho radunato a centrocampo la squadra a fine allenamento per leggergli un passo del Vangelo secondo Phil Jackson: “non pensate a quello che il triangolo può fare per voi, ma a quello che voi potete fare per il triangolo” (cit. da ‘Più di un gioco’ di P.J. e Charley Rosen).
Poi ci ho messo il mio personalissimo pensiero zen: “e chi non tira da libero si va a livellare il culo in panchina!”
E’ venuta fuori l’esecuzione della TPO in una maniera paradisiaca. Gli Spurs, dopo i primi minuti dove sembrava potessero dominarci, soprattutto con Ginobili, ad un certo punto non ci hanno capito più nulla. Il continuo flusso di movimento dei Lakers, con tagli profondi e spaziature impeccabili, portavano sempre il giocatore libero nella miglior condizione di tiro possibile per lui. Kobe, senza saperlo, si è ritrovato già a quota 28 punti (con 12/17 wide open) a metà terzo quarto, quando noi ci eravamo già portati sul 59-83 (tanto che il Mamba poi non segnerà più). 


Howard, semidisastroso nelle prime partite, ha caricato subito Duncan di tre falli nel primo quarto, chiudendo in doppia doppia (20 più 10 rimbalzi). Gasol è uscito fuori dal letargo, così come Meeks (11 from the bench), mentre Barea ne mette 13 dopo i 18 all’esordio contro Toronto. E abbiamo scoperto anche l’interessante mobilità di Robert Sacre, che ha dimostrato quantomeno di sapere dove stare. La fluidità è stata tale che anche dopo un accenno di rimonta Spurs (79-89) si sono create subito le condizioni di tiro da libero (bomba Meeks, bomba Metta, bomba Metta) per affossarli definitivamente. Che fosse la nostra partita lo testimonia anche un incredibile schiacciata di Gasol, con la palla, schiantata sul primo ferro, che s’impenna quasi a sfiorare il soffitto e poi ricade perpendicolarmente da un’altezza di almeno venti metri esattamente dentro la retina…

Incredibile. La stessa squadra che fino all’altro giorno ne perdeva quattro di fila con un record di 3-6, precipitando anche fino all’umiliante quota di -42 contro i Bulls, ora ha cambiato completamente faccia. Non può essere solo l’inserimento di JJ.Barea (o l’allontamento di Blake e Hill, che dir si voglia), c’è dell’altro. E’ evidente che lo ‘schema universale’ trovato, base del tira chi e libero barbatrucchico, abbia avuto le sue enormi ricadute anche nella retroguardia. Ora i giocatori, tutti coinvolti nel flusso dell’attacco, si sentono spinti a dare l’anima anche dietro, con azioni difensive prima sconosciute. Dalle ultime due partite sembra che abbiamo trovato il sentiero dorato giusto da seguire, anche se la strada è ancora lunga ed impervia perchè siamo ancora fuori dai playoff (5-6) e, soprattutto, stiamo affrontando la parte di stagione più facile.

P.S. Dimenticavo... Buon Natale!

Sunday, December 23, 2012

Contro Toronto per la prima volta c'è in ballo la fiducia dell'esecutivo


Era sfuggito un piccolo particolare, le quattro sconfitte consecutive... Qui significano qualcosa. E così Lakers-Raptors diventa un vero e proprio 'scontro salvezza', quella del Coach Zen. C'è un vecchio articolo della Moral Law interna, infatti, che obbliga il Barbagoverno alle dimissioni in caso di cinque kappaò in fila. Un articolo impolverato, quasi dimenticato, perchè mai si era verificata una situazione simile. Ma l'articolo c'è, vergato nella Costituzione. Oltre a rappresentare l’esordio allo Staples Center di J.J.Barea e consorte, dunque, Lakers-Raptors assume anche i contorni della gara drammatica. E in una partita secca, seppur contro Toronto, può succedere di tutto. Succede infatti che Barea fa il suo bagno tra le star e starlette dello Staples con 18 punti e 9 assist uscendo alla panchina e che i Lakers, in piena crisi di gioco, trovino quello ‘schema universale’ che, apparentemente, consente lo sviluppo del frikkettone ‘tira chi è libero’ barbatrucchico, ovvero quel flusso costante dell’attacco dove ognuno trova da solo la sua posizione in campo perché sa, che se si trova libero, ‘riceverà udienza’; nello specifico lo schema è il “23 Bulls slash post”, un gioco del triangolo tirato fuori dai playbooks di Phil Jackson. Ha generato moltissimi tiri wide-open, ha rianimato Jamison (tornato “l’apriscatole” del Primo Mondo) e ha prodotto ben dodici triple ad alta percentuale che hanno affossano i Raptors 107-88, con Bryant spirito guida a 30 punti, 6 rimbalzi e 5 assist.

Già, abbiamo battuto i Raptors… Ma di questi tempi è un brodino caldo salutarissimo.

Saturday, December 22, 2012

I Lakers puntano su 'Lo Hobbit' per salvare la stagione



E’ J.J.Barea il giocatore su cui punta il Barbatrucco per risollevare le sorti dei Lakers, sprofondati al terzultimo posto della Western Conference con un record di 3 vittorie e 6 sconfitte, e con una striscia ancora aperta di quattro “L” consecutive. Il play ventottenne, campione Nba con Dallas nel 2011, arriva a LA LA Land con una trattativa a tre che coinvolge Minnesota e Miami: ai primi vanno Steve Blake, Jordan Hill e scelte e ai secondi – che girano ai gialloviola il lungo Josh Hallerson – finisce Josh Howard.
Cambia dunque l’asse play-pivot panchinara e dalla demotivata coppia Blake-Hill si passa al duo J.J. Barea - Robert Sacre, ma è indubbio che è sul play portoricano a concentrarsi tutta l’attenzione. Sarà lui, anche a supporto di Nash, a dover coprire quell’attuale voragine difensiva che riguarda la difesa sui registi avversari e a portare quei 10-12 punti di rottura dalla panchina che attualmente mancano a questa squadra.
“Oh ragassi, siam pazzi? – commenta il Barba – non l’abbiam mica portato qui a fare da controfigura a Lo Hobbit? Ragassi, oh, ma l’avete vista la sua ragassa? Avremo Miss Universo in tribuna. Se non ci sveglia quella, non ci sveglia nessuno!”

Catastrophic Lakers. Quarta sconfitta consecutiva, terzultimo posto nella Western Conference (3-6)


Il simbolo del catastrofico campionato dei Lakers sta in un’azione. Kobe in uscita da un blocco tira smarcato da 5 metri e la palla prende il tabellone finendo direttamente nelle mani dell’avversario, senza neanche toccare il ferro. Mai visto in 28 stagioni. Un paio di azioni dopo un fallo antisportivo fischiato a Metta World Peace con noi sotto di otto a cinque minuti dalla fine sancisce virtualmente la sconfitta anche contro i Memphis Grizzlies (103-110). E’ il secondo kappaò consecutivo in casa dopo aver lasciato i due punti anche contro i Washington Wizards, è la quarta “L” in fila, è un record di 3-6 che ci confina all’estrema periferia del campionato, terzultimi nella Western Conference.
Perdiamo contro i Grizzlies, che comunque sono pur sempre in testa all’Ovest con un notevole 12-3, nonostante Howard produca la sua prima partita da Superman (32 punti, 18 rimbalzi, 14/17 dal campo), nonostante Kobe faccia il trentello tondo tondo anche lui (seppur con 13/29 al tiro). Il fatto è che Zach Randolph infila in faccia ad un fiacchissimo Gasol 18 punti e 16 rimbalzi, il fatto è che Rudy Gay infilza un fiacchissimo Metta con 21 cioccolatini, il fatto è che Mike Conley trova autostrade per i suoi 23 punti comodi perché davanti, con Nash e poi Blake, c’è una difesa sul play che ha la consistenza di una foschia. Kobe? Ah è tranquillissimo. Non fa altro che ripetere una parola di quattro lettere.

Friday, December 21, 2012

La fine del mondo dei Lakers



Meno quarantadue. A dodici minuti dalla fine di Bulls-Lakers il tabellone segna la fine del mondo gialloviola: ottantacinque a quarantatrè. Poche settimane fa su questo stesso campo Bryant e compagni vincevano il titolo Nba in garasei interrompendo la rimonta di Chicago dallo 0-3 al 2-3. Ora il Mondo è un altro. Chicago ci cancella 103-62 tenendoci al 36% al tiro e l’emblema della differenza tra il prima e l’adesso è la prestazione di Dwight Howard: Superman aveva dominato i Bulls nelle Finals 2013 vincendo anche il Most Valuable Player della serie mentre oggi ha chiuso la partita con 7 punti, 2 rimbalzi e 3/13 dal campo... Ma è tutta la squadra, naturalmente, ad essere un cumulo di macerie, ben più del record ancora rimediabile di 3 vinte e 4 perse. Barba, che ha intenzione di fare?? Manderò la squadra in ritiro. Dove? Mi han consigliato un posticino tranquillo, un hotel isolato, da pepe al culo, dove c’è un bambino che gira con il triciclo in un lungo corridoio.

Wednesday, December 19, 2012

Zen

Se anche i Sacramento Kings, 7-17 (29%) nel real world, sono in grado di tenerci pesantemente sotto tutta la partita venendo a prendersi due facili punti a Los Angeles (94-101, punteggio bugiardo, ci hanno dominato) allora la questione si fa veramente seria. A fine gara entro nello spogliatoio con la calma zen che mi contraddistingue in questi casi.